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Richard Avedon
Richard Avedon fotografo di moda e ritrattista statunitense, noto in tutto il mondo, nasce a New York il 15 maggio 1923, muore a San Antonio, il 1 ottobre 2004.
Fotografo
di moda anticonformista, Richard Avedon mette da parte i manierismi per
ottenere emozioni, sorrisi e soprattutto naturalezza. Sia per la rivista Vogue
o Harper’s Bazaar, è colui che coglie l'istante.
«Se passa un
giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi
trascurato qualcosa di essenziale. E' come se mi fossi dimenticato di
svegliarmi».
Avedon era
"un comunicatore straordinario". Attraverso un affascinante gioco di
seduzione, riusciva a tirare fuori dai suoi soggetti gesti di una forza e di
una spontaneità unica. Li conquistava e le loro espressioni cambiavano perché
entravano in un'altra dimensione, diversa e lontana dal set fotografico. Una
dimensione in cui c'erano soltanto loro e il fotografo.
Scapestrato e sempre in cerca di forti emozioni, nel 1942
abbandona gli studi, per lui noiosi, per arruolarsi come fotografo nella Marina
Militare dove ha modo di girare per il mondo e fare esperienze nelle situazioni più difficili.
Profondamente colpito dalle foto di Mukancsi, al suo ritorno
in America si dà da fare per affinare le sue competenze tecniche. Dopo la dura
ma fruttuosa gavetta nell'esercito,
assegnato alle autopsie e alle foto d'identità,
alla fine della seconda guerra mondiale diventa fotografo professionista. Sale
il suo primo gradino professionale:
diventa aiuto fotografo in uno studio privato per poi collaborare anche
con la rivista “The Elm”.
Negli anni '40 segue un corso alla New School for Social
Research tenuto da Alexy Brodovitch, direttore di Harper's Bazaar. In seguito
va a far parte del gruppo stabile di Bazaar a parigi, grazie all'ammirazione
che Brodovitch ha per lui. Quest'ultimo
rappresenta senz'altro una figura di rilievo per il fotografo, come è ben
visibile dal primo libro pubblicitario di Avedon "Observation" ( con
testi di Truman Capote), pubblicato nel 1959 e dedicato al suo mai dimenticato
pigmalione.
In questo periodo nascie il suo stile personale, che
rivoluzionerà tutta la fotografia di moda successiva, cioè porta la moda fuori
dagli studi, in ambientazioni urbane e cittadine e le da un movimento che non
ha mai avuto prima.
Per il suo metodo di guidare le modelle nei gesti e nelle
posture è stato soprannominato il “fotografo
ballerino”.
Sin da subito risultò evidente che si
trattava di uomo con un’opera ed un progetto non scindibili dalla storia
dell’arte. Avedon aveva scoperto un nuovo modo per dare espressività alle
modelle che nelle sue fotografie non apparivano più come “appendiabiti” ma come
persone reali, dei personaggi, aveva trasformato la monotona foto di moda in
qualcosa di vivo e reale.
Nel 1961 diviene direttore artistico di Bazaar. Il suo
secondo libro, "Nothing Personal" (con testi di James Baldwin)
viene pubblicato nel 1963 dopo aver
visitato gli stati del sud: vi emerge l'attenzione per i diritti civili e la
presa di posizione politica ed etica, con tendenza a strutturare ogni lavoro
come fosse una storia.
Il 22 novembre 1963 realizza in Times Square una serie di
foto a persone che mostrano il giornale che parla dell'assassinio di Kennedy.
Nel 1965 passa da Bazaar a Vogue.
Nei primi anni '70, con Arbus, pubblica un libro su “Alice
nel paese delle meraviglie”, nel quale, come in un lavoro dello studio di Andy
Warhol, le fotografie hanno un aspetto teatrale per la sequenzialità e la
gestualità studiata dei personaggi fotografati. Amante innanzitutto dei ritratti,
Richard Avedon abbandona gli studi fotografici per tornare agli shooting di
strada ritraendo anonimi. Malati internati negli ospedali psichiatrici,
manifestanti contro la guerra in Vietnam, Avedon riesce cosi a svelare una
sensibilità che oltrepassa la vita mondana predestinata. Dal 1979 al 1985 esegue numerosi
ritratti di vagabondi e disadattati nel West americano che vengono definiti
offensivi per gli abitanti di quelle regioni, talvolta criticato per la sua
assenza di autocensura riguardo gli USA, Richard Avedon fa le orecchie da
mercante dipingendo il vero volto del suo paese.
Anche nel ritratto, a cui l’autore si è
dedicato contemporaneamente alle foto di moda, Avedon si è imposto per la sua
intensità, emotivamente denso e permeato di atmosfere cupe.
Ritratti di uomini di stato, artisti,
attori ed attrici laddove comunemente ci si aspetterebbe un’immagine fissa,
rigida di una persona, la sua fotografia scardina l’icona della foto da
cartolina. Che si tratti di star del cinema come Katherine Hepburn, Humphrey
Bogart, Brigitte Bardot, Audrey Hepburn, Marilyn Monroe o ancora Buster Keaton
e Charles Chaplin, o personalità del calibro di Karen Blixen, Truman Capote,
Henry Kissinger, Dwight D. Eisenhower, Edward Kennedy, The Beatles, Andy Warhol
e Francis Bacon, ogni ritratto si imprime nella memoria in modo indelebile e ci
restituisce di ognuno, l’idea e l’immagine del personaggio pubblico e privato.
Nel capodanno del 1989 Avedon si reca a Berlino vicino alla
Porta di Brandeburgo in occasione della caduta del muro, mostrando ancora una
volta che il suo lavoro non è solo rivolto alla moda ma rappresenta uno strumento sensibile per
capire mutamenti politici, risvolti psicologici o filosofici. Va sottolineato
come Avedon, da intellettuale della fotografia qual è, ha sempre sostenuto il
ruolo di elaborazione che svolge il fare stesso della fotografia, un luogo che
non rappresenta mai la “verità”. Le sue stesse fotografie sono un mirabile
risultato di pensiero ed elaborazione e quasi mai si affidano al caso.
«Le mie
fotografie non vogliono andare al di là della superficie, sono piuttosto letture
di ciò che sta sopra. Ho una grande fede nella superficie che, quando è
interessante, comporta in sé infinite tracce.»
Una delle sue foto più famose, “Dovima”, ad esempio, ritrae
una modella che indossa un abito da sera di Dior in una posa estremamente innaturale
in mezzo a due elefanti: è stata scattata a Parigi nel 1955 e rappresenta il
massimo dell'artificio.
In
seguito collabora con le riviste più prestigiose come The New Yorker e Rolling Stone.
Altri suoi celebri lavori sono i suoi ritratti di artisti e
personaggi famosi, ma anche le serie scattate alla gente comune e all'interno
di un ospedale psichiatrico.
«Marilyn Monroe
alla macchina fotografica offriva più di qualsiasi altra attrice, o donna, che
io abbia mai inquadrato: era infinitamente più paziente, più esigente con se
stessa e più a suo agio di fronte all’obiettivo che non quando ne era lontana».
Autentico mago, Richard Avedon abbatte i
cliché per ricostruire un nuovo volto alla fotografia. Nel corso degli anni,
realizza le foto dei Beatles, di Charlie Chaplin o di Marylin Monroe, oggi
ancora considerate come dei monumenti della storia fotografica e che continuano
ancora, per la loro forza e per la loro intensità, ad essere vere icone,
irresistibili e affascinanti, del nostro tempo.
La sua grandezza artistica è stata celebrata in una
bellissima mostra al Metropolitan Museum di New York.
Ottantunenne ancora in attività, mentre stava realizzando un
servizio fotografico in vista delle elezioni presidenziali americane per conto
del "New Yorker", è stato colpito da un ictus cerebrale e l'1 ottobre
2004 muore in un ospedale di San Antonio, in Texas.