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Africami: ntervista a Rania Ibrahim
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Rania Ibrahim 2012 |
Rania arriva in Italia nel 1978 all’età
di due anni, dove il padre lavora già dal 1971.
Cresce a Milano
dove frequenta l’asilo, le scuole elementari, medie, liceo linguistico e università,
dove si laurea in Scenze Politiche e frequenta un master in marketing.
Per tutto il
periodo degli studi vive in una casa di ringhiera sui navigli, vicino a corso
San Gottardo, “Le case di ringhiera sono
una cosa che mi manca molto, era tutta una grande famiglia; non esistevano le
porte blindate, c’erano quelle di vetro e si faceva vita di corte, si cresceva
tutti insieme; mi piacerebbe che anche i miei figli facessero un’esperienza
come quella”.
Lavora
inizialmente nel settore delle pubbliche relazioni in alcune aziende del
milanese; in seguito alla decisione di diventare mamma smette di lavorare per
le aziende e si dedica al giornalismo, alla scrittura e al raccontare storie
per il giornale della periferia sud est di Milano.
Ora scrive per
il blog di Yalla Italia, giornale on-line che affronta tematiche di interesse
per gli immigrati e per il blog La Città Nuova del Corriere della Sera,
anch’esso trattante tematiche relative agli immigrati, affrontate in maniera
più sociologica rispetto a Yalla Italia.
L’approccio de
La Città Nuova è quello di “vedere Milano
non più come la città dei milanesi autoctoni, ma anche dei milanesi stranieri”,
nel tentativo di creare un tavolo di discussione sugli immigrati di seconda
generazione, mentre quello di Yalla Italia riguarda più la vita di tutti i
giorni, affrontando le problematiche e le questioni che emergono dal vivere
quotidiano, “come il bambino mussulmano
che vuole mangiare il panino col prosciutto, io ho provato a scrivere ricette
alternative alla carbonara quando la maestra di mio figlio mi ha detto che
scambiava il suo piatto con quello del compagno per provare il prosciutto” […]
“Quello che io scrivo parte tutto da
vicende personali, io prendo ispirazione dai miei figli” […] “una volta mio figlio era tornato a casa
dicendo che voleva andare a fare karatechismo con i suoi compagni, credendo che
in oratorio il don insegnasse una disciplina di arti marziali, cosi ho scritto
un articolo” […] “Posso dire di
essermi cucita addosso il mio mestiere”,
“mi piace scrivere e raccontare storie”,
“dico sempre che il lavoro è come un abito, un tubino nero al quale noi
possiamo aggiungere gli accessori, un tacco dodici o le sneakers”.
“Il rumore del 15 sotto casa è una cosa che mi manca tanto, ma è meglio
per i bambini, Milano non è un posto per loro”.
Il Cairo è la
sua città natale, ma vi ha vissuto qui solo i suoi primi due anni di vita; ora
la vive come la città della vacanza e dei parenti.
“Non si può fare un paragone tra Il Cairo e Milano;
Il Cairo è una città di diciassette milioni di persone e veramente si passa
dalla città dei ricchi, come Garden City, dove ci vuole il pass per entrare
dappertutto, alla città dei morti, dove senti odori che ti fanno star male. Milano
io l’ho sempre vista molto tirata, molto da aperitivo, molto di fretta. Il
concetto di tempo è diverso: in Egitto se uno ti dice alle sei poi arriva alle
sette, mentre qui se dici alle sei io arrivo a cinque alle sei” […] “Ma i problemi delle donne sono tutti
uguali, ché ti credi, anche loro fanno la prova costume,[…] ioscrivo dei
problemi della quotidianità che mi vengono suggeriti anche dalle altre mamme
che incontro al parco”.
Alla domanda se
si sente più egiziana o più italiana risponde che “tutte le volte che mi fanno questa domanda vorrei strozzarli, è come
chiedere a un bambino se preferisce la mamma o il papà, io non mi sento né l’un
né l’altra, ecco, non sono né carne né pesce, sono un tofu, un fungo; ho anche
scritto un articolo intitolato ‘La fungo generation’”.
Rania dice di
sentirsi molto araba ed essere legata alle sue origini egiziane e mussulmane: “prego, ho la casa piena di cose che mi
ricordano l’Egitto, l’Egitto è in casa mia, casa mia è l’Egitto raccontato”.
Re Daniele 07-05-2012