sabato 20 ottobre 2012

Real


Tipologia: Video

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OoooBè! Come altro cominciare? Cosa altro dire? Come meglio commentare?
Quello che state per vedere appartiene a un'altra realtà, di cui solo pochi conoscono l'esistenza e ancor meno sono riusciti a toccarne il cuore, ma a loro volta ne sono stati toccati.
Il Tempo è importante, bisogna prestarci attenzione.
Tecnicamente parlando questo è il mio primo video ed è interamente realizzato da me, montaggio compreso e appunto su questo mi soffermo un po' di più: ci sono degli errori grossolani, ne ho contati quattro o cinque ed il filmato non scorre fluido come vorrei, ma pongo l'attenzione sul fatto che alcuni momenti, che potrebbero essere visti come errori nella sequenza cronologica, sono scelte volontarie.
Re Daniele 12-10-2012

lunedì 15 ottobre 2012

Abbazia di Villanova a San Bonifacio

Le note tra «…» sono prese dai testi esplicativi presenti nell’abbazia, scritti da Luigi Dalli Cani, Angelo Sofia e dal “Invito alla visita” (un foglio giallo pegato in due e stampato su ambo i lati) che non reca il nome di chi l’ha scritto


.
A volte non si pensa a quanta storia ci sia dietro alle cose e ai luoghi, qui di seguito potrete leggere dell’abbazia di Villa Nova a San Bonifacio: questa chiesa, sperduta verrebbe quasi da dire, è custode di una bellissima e ricca storia, quella della campagna che scorre tranquilla e palcida, ma senza posa. Tra reperti archeologici dall’aspetto quasi magico, tra brandelli delle fondamenta del nostro passato, più antico e più recente (la struttura contiene un piccolo museo della I° Guerra mondiale) e tra piccoli esempi di un’arte europea che percorre la storia dal medioevo fino alle guerre napoleoniche spicca il “piede del viandante”, il pellegrino instancabile.



La fugace immagine del possessore di quell’orma illumina la vista e rimanda il pensiero ad altro, forse inscibile e insondabile, che immerso in una natura brumosa e chiara avanza con passo deciso verso la sua meta. “Quale?”
È possibile che una risposta incompleta ma soddisfacente la si trovi nell’osservazione delle fondamenta “non fondamenta”, visibili sul retro della costruzione in quello che sembra un piccolo anfiteatro o nella vecchia piccionaia o nel granaio o la grande aia, ora ristrutturate e ammodernate, che attraverso un sistema di simboli architettonici che si ripetono nelle varie epoche e nei vari stili senza stravolgimenti, costituiscono un’ampia visione a tutti riconoscibile del nostro passato.

L’odierna abbazia di Villanova a San Bonifacio sorge sui resti di un antico tempio paleocrestiano edificato nel 763 d.C. da S. Anselmo del Friuli, lungo la via cosolare romana “Postumia”, poi distrutto dal terremoto del 1117, che demolì e danneggiò molti edifici in muratura presenti in tutta la pianura padana, eliminado gran parte delle architetture paleocristiane, carolinge e preromaniche, cosi favorendo lo sviluppo dello stile romanico.

Di questo periodo sono visibili nella cripta pochi ma interessanti repeti, dei quali solo il pluteo risulta essere leggibile in tutto il suo simbolismo e mistero.

Nel 1131 l’abate Umberto dei Conti di San Bonifacio fece ricostruire l’intera struttra sulla base di resti paleocristiani (i quali non avevano fondamenta) in stile romanico e dotandola anche di una torre che fingueva da vedetta e non da torre camaparia; fu l’abate Guglielmo da Modena nel 1410 che la ristrutturò con aggiunte in stile gotico, come le trifore, la cuspide e i pennacchi e la dotò della cella campanaria, mutando la sua funzione da vedetta a campanile, mentre sulla facciata fece inserire il rosone.

Dei primi decori della nuova chiesa sono sopravvisuti al tempo, grazie anche ai restauri, alcune delle “Scene della vita di San Benedetto”, degli affreschi di scuola giottesca attribuiti a Martino e Jacopo da Verona, risalenti al XIV° secolo.

In questo periodo, soprattuto nel primo medioevo, era molto diffuso il fenomeno del pellegrinaggio sulle strade del cristianesimo e questa abbazia, situata a metà strada ta Verona e Vicenza, rappresentva un punto si sosta, con la foresteria e il luogo di culto. Di questo fenomeno è rimasto presente il simbolo del “piede del viandante”, inciso su alcune colonne della chiesa.

Altro importante reperto è l’ancona lapidea raffigurante San Pietro in cattedra.

Tra il 1562 e il 1771 i monaci Olivetani apportarono modifiche e aggiunte in stile barocco, come le statue che sormontano la facciata, gli angeli della navata centrale e lo scalone che collega questa al presbiterio e infine coprendo il vecchio soffitto a capriate lignee con le più moderne volte a vela.

Del XV° secolo è la Pietà in pietra dipinta di Egidio di Wienernestadt, scultura tipica dell’arte nord europea a cui i popoli germani sono particolarmente legati e che per tale motivo durante la II° Guerra mondiale fù nascosta dietro un finto altare in resturo da Don Giuseppe Ambrosini, il quale, accortosi dell’interesse di alcuni soldati che passarono per la chiesa, decise di attuare questo stratagemma per evitare che altri nazisti interessati la portassero via.

L’abbazia di Villanova «è insieme struttura religiosa (la chiesa), conventuale (il monastero col chiostro), difensiava (il campanile e la piccionaia) e produttiva (la grande aia con le barchesse). L’intima connessione di queste funzioni ha consentito al complesso di resistere alle offensive della storia per più di mille anni», «con la sua struttura autarchica, l’abbazia doveva in origine apparire come un avamposto della civiltà, circondato dalla desolante campagna spopolata e incolta», «il convento e la struttira agricola produssero la ricchezza necessaria per le numerose ricostruzioni della chiesa e la realizzazione di tutte le opere d’arte che l’abbelliscono».

Da qui passò anche passò Napoleone, durante le sue guerre per conquistare l’Europa; tra le colonne della chiesa allestì un ospedale da campo dove lasciò a morire più di quattrocento soldati, che vennero seppelliti nei pressi della chiesa, probabilmente in una grande fossa comune nel prato che la circonda; un episodio interessante e considerata la grande varietà di opere che questa piccola abbazia custodisce si può pensare che ne custodisse molte altre e che l’imperatore, come fece in altri casi, le prese per se, per abbellire i suoi palazzi eper dimostrare la sua forza e grandezza.

Durante il XX secolo vengono effettuati i restauri degli affreschi di scuola giottesca del ciclo di San Benedetto e degli edifici dell’aia e della “curtis monastica” (corte monastica), che comprende il granaio, la piccionaia e la foresteria, come abitazioni private, «modifiche inevitabili volute dal tempo e dagli uomini».

Re Daniele 20-08-12

















Lecco città

Il coro Elikya allo stadio Rigamonti-Ceppi per la "Giornata della famiglia"

*ATTENZIONE: il presente articolo e le foto correlate possono essere utilizzati solo per fini didattici e informativi, non commerciali ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)












Milano, piazza Duomo contro tutti i razzismi

*ATTENZIONE: il presente articolo può essere utilizzato solo per fini didattici e informativi ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)

Milano, piazza Duomo contro tutti i razzismi


Razzismo e xenofobia sono le parole nere che hanno segnato la nostra società dacché era appena nata. Nero il fumo, nere le ceneri e la terra, neri gli animi. Troppo è il nero che ci portiamo dietro; per spezzarlo, per esorcizzarlo ci vogliono tutti i colori dell’arcobaleno che, come un lungo filo d’Arianna, unisce tutti in un grande abbraccio, una grande dichiarazione di intenti che oltrepassa il merito storico guardando alla vita di oggi e mano nella mano intonare un inno di gioia.

Martedì ventuno marzo in piazza del Duomo a Milano ha avuto luogo la manifestazione contro tutti i razzismi, alla quale hanno partecipato gli studenti di numerose scuole della provincia alla presenza dei rappresentati delle istituzioni, del vicesindaco di Milano e dei dirigenti delle associazioni contro razzismo, xenofobia e intolleranza attivi a livello regionale e nazionale, il tutto accompagnato dalle bande di Affori e Crescenzago.
Vi era anche un piccolo gruppo di africani, in rappresentanza della multirazzialità e multiculturalità presenti nella città e nella società odierna in generale.
Ma non tutti erano presenti a questa manifestazione di interesse pubblico e sociale, alla quale non avrebbero dovuto partecipare solo chi  ha responsabilità, come le forze dell’ordine e le istituzioni o chi in futuro dovrà far sì che certi avvenimenti non si ripetano, cioè i giovani studenti, ma anche tutti coloro che sono toccati da questo fenomeno violento e inutile.
Le parole del discorso del vicesindaco e degli altri esponenti delle associazioni sono state ascoltate da una piazza del Duomo cinta dagli studenti che, prendendosi per mano, ne lasciavano completamente vuoto il centro, occupato delle bande musicali.
Ciò che emerge dall’analisi fatta ed espressa con rammarico è che ancora oggi ci sono espressioni di intolleranza e che le lezioni della storia non sono servite e che la gente ha ancora paura e ancora discirmina il diverso.
Il discorso ha visto l’alternarsi dei rappresentati delle associazioni e delle forze di polizia che hanno ricordano gli ultimi casi di cronaca e che la prima arma contro il nascere e lo svilupparsi di queste intolleranze è l’educazione nelle scuole, dove i bambini devono essere sensibilizzati e introdotti in una società fatta anche da queste differenze culturali e razziali. Una convivenza civile e pacifica è possibile, purchè tutto sia svolto nella legalità e nel rispetto reciproco di pensieri e tradizioni.
I molti studenti presenti in piazza del Duomo ai quali sono state distribuite le magliette della manifestazione, rigorosamente bianche con la scritta “Milano contro tutti i razzismi” colorata e ben visibile, hanno visto cominciare la manifestazione con le bande che hanno suonato l’inno di Mameli in onore delle forze dell’ordine garanti della sicurezza e delle istituzioni presenti, compresa quella scolastica, in virtù del fatto che l’Italia si impegna all’accoglienza. L’inno nazionale è stato seguito dalla nona sinfonia di Beethoven, l’Inno alla Gioia, mentre le magliette sono state consegnate anche ai testimonial, calciatori e rappresentanti della comunità africana milanese, garanti delle parole dei discorsi tenuti e degli impegni morali presi.
Con l’espresione “contro tutti i razzismi” non s’intende solo l’intolleranza tra bianchi e neri, come nel gioco degli scacchi, ma anche tra bello e brutto, tra abile e disabile.

Re Daniele 13-04-12

Venezia, tra vecchio e nuovo - Pasqua 2012

Venezia, tra vecchio e nuovo
https://rephotowriter.wordpress.com/2018/08/14/venezia-tra-vecchio-e-nuovo/

Una città verde


https://rephotowriter.wordpress.com/2018/12/29/milano-una-citta-verde/


Lezioni di antropologia culturale: Il Coro Elikya

https://rephotowriter.wordpress.com/2019/04/14/lezione-di-antropologia-culturale-il-coro-elikya/

Il fiume Adda - 2011-12

*ATTENZIONE: il presente articolo e le foto correlate possono essere utilizzati solo per fini didattici  e informativi,  non commerciali ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)


Il fiume Adda

I problemi del paesaggio italiano sono tanti, forse ci siamo lasciati prendere la mano da un mito economico, modero e tecnologico che impone di elevare imponenti strutture verso l’alto occludendo la vista del sole e scavare nella terra togliendo spazio alle radici degli alberi per poi soffocarle con l’asfalto.

Questo mito è come un bambino non svezzato che esaurisce egoisticamente tutte le risorse a sua disposizione, assimilandole con ingordigia senza mai saziarsi pur non avendo fame.

Che motivo c’è di costruire nuove abitazioni e edifici quando ne esistono molti abbandonati e che aspettano solo di essere riutilizzati.

Qui non si sta demonizzando tecnologia e progresso né tanto meno elevando una vita totalmente agreste; le città sono importanti per gli uomini cosi come le fabbriche, le industrie e le infrastrutture per il trasporto degli uomini e dell’energia; anche il contatto con la natura è importante per l’uomo, non solo perché tre da essa le materie prime per il suo sostentamento, ma anche perché l’uomo è sostanzialmente un animale e ha bisogno di essa per il suo benessere.

Per fortuna da qualche parte c’è ancora un po’ di natura.

Il punto è che bisogna prestarci attenzione.

L’elemento umano dovrebbe essere come un nastro di raso che si adagia morbidamente sulle curve del territorio, piuttosto che un’imponente lavoro di ingegneria capace di livellare le valli.

Camminando sulle rive del fiume Adda mi sono accorto di una cosa: che la luce è più suadente sulle foglie degli alberi sui muri dei palazzi.

Re Daniele 5-11-12


















sabato 13 ottobre 2012

La sperimentazione


La sperimentazione
https://rephotowriter.wordpress.com/2018/06/20/la-sperimentazione-innovazione-metodologica-e-strutturale/

David Bate, Il primo libro di fotografia

*ATTENZIONE: il presente articolo e le foto correlate possono essere utilizzati solo per fini didattici  e informativi,  non commerciali ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)

Gli elementi racchiusi tra «» sono citazioni prese direttamente dal libro “Il Primo Libro di Fotografia” di David Bate.

Qui vengono riportati estratti dei primi due capitoli e dell’ultimo; questo breve riassunto serve a dare un’idea di quel che sta dietro ad una pratica cosi diffusa e apparentemente semplice.

Introduzione:

«Particolari caratteristiche e combinazioni di elementi (personaggi, illuminzione specifica, colori, immagine, ecc.) vengono usate per aiutare lo spettatore a comprendere di che tipo di genere si tratti. Se questa affermazione può sembrare un po’ laboriosa, è perché tendiamo a “leggere” ogni cosa in modo cosi automatico che pensarci è quasi penoso».

«Ogni genere crea un’attesa per i tipi particolari di interpretazione. Che poi la fotografia gratifichi qull’attesa è un altro paio di maniche».

«I generi  sono percorsi che evolvono e si sviluppano o si trasformano in ibridi», ad esempio «il “documento” è quasi certamente un’invenzione della fotografia».

«L’arte, anche attraverso la fotografia, è mutata nel suo modo di guardare a ciò cui gli artisti-fotografi sono interessati in quanto loro soggetto».

Questo test è una breve introduzione alla teoria della fotografia attuata attraverso l’analisi dei divesri generi e della loro evoluzione nella storia.

Storia:

 «“Con i suoi utensili l’uomo perfeziona i propri organi – quelli di moto al pari di quelli di senso – o rimuove gli ostacoli che ne limitano l’azione. I motori gli mettono a disposizione forze enormi che, al pari dei suoi muscoli, può utilizzare in qualsiasi direzione; la nave  e l’aereo fanno sì che né l’acqua né l’aria possano ostacolare i suoi movimenti. Grazie agli occhiali corregge i difetti della lente che c’è nel suo occhio, con il cannocchiale vede in lontananza, con il microscopio supera i confini che la struttura della sua retina pone alla visibilità. Con la macchina fotografica ha  creato uno strumento che fissa le impressioni fuggevoli della vista, mentre il disco fonografico svolge lo stesso ruolo per quelle altrettanto transitorie dell’udito: in entrambi i casi si tratta in fondo di materializzazioni della facoltà a lui propria di ricordare, quindi della memoria.” Sigmund Freud.

Dunque la fotografia ha cambiato il modo in cui si raccolgono e ricordano le esperienze; il problema fondamentale però è identificare la narrazione, il che dipende da quale domanda ci si pone all’inizio dell’analisi storica: «Le fotografie e i fotografi sono astratti da tutto fatta eccezione per il loro immediato background, e vengono giudicati in base al gusto estetico (buono, o magari cattivo)».

Questa affermazione deve far riflettere sulla genesi del lavoro fotografico e sulle sue motivazioni: esso viene influenzato da tutta una serie di cause, conoscenze ed esperienze del fotografo. Capire questo significa identificare un primo problema nella decifrazione della fotografia: le persone sono diverse e hanno sensibilità diverse di fronte alla realtà, che è la stessa per tutti, ma di cui ognuno ha la sua visione.

«Gli individui esistono comunque nella storia. Esistono nel tempo in cui vivono».

«“Gli uomini fanno parte della storia, ma non lo fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione”. Karl Marx».

L’uomo agendo prende una posizione nei confronti degli eventi storici di cui è testimone e che lasciano in lui una traccia della loro esistenza.

Cosa c’entra questo discorso sull’agire dell’uomo con la fotografia? Questo serve a mettere in chiaro che l’uomo possiede per sua natura una propria volontà, la quale giustifica il suo agire ed è da questa volontà che parte l’analisi teorica della fotografia, in quanto il fotografare è soggetto alla volontà di chi compie questo atto ed è una dichiarazione e una presa di posizione di fronte a ciò che si vede.

Fotografia come Discorso:

«“La fotografia in quanto tale non possiede identità”, afferma John Tagg facendo suo il concetto semiotico secondo il quale il significante fotografico (la foto) ha un significato (senso) solo all’interno dei discorsi portatori di significato che lo impiegano» (cioè l’utilizzo della fotografia come illustrazione).

«Quindi la storia consiste nel discutere le relazioni delle fotografie con i discorsi che le hanno utilizzate»; la fotografia diviene un oggetto della storia, che porta con sé un significato «a proposito del quale noi dovremmo porci delle domande circa le condizioni della» sua «produzione», perché «le fotografie codificano “significati” e noi dobbiamo chiederci qual è il valore di questa rappresentazione».

Come dimostrato da Roland Barthes la lettura di una fotografia (lo studium) è sempre condizionata dalla propria cultura, dalla propria ed esperienza; il ché significa che per ogni fotografia non c’è una data interpretazione, il significato non è mai completamente noto poiché deriva da diversi sistemi di segni che appartengono a individui diversi, cioè l’intenzione dell’operatore che ha scattatto la foto e il sentimento di chi la sta osservando.

In quest’ottica «abbiamo bisogno di conoscere le circostanze di una fotografia sia per una storia della fotografia sia per l’uso delle fotografie come storia».

Teoria della Fotografia:

«Non esiste un modo che non sia teorico di vedere la fotografia.

Ciò che chiamiamo tecnica è in realtà teoria messa in pratica: la conoscenza di come e quali significati possono essere ottenuti con un’attrezzatura fotografica.

La teoria della fotografia consiste nel metodo o nei mezzi necessari a una comprensione sistematica del suo oggetto.

Di che tipo di teoria necessita la fotografia? In altre parole, quali problemi solleva la fotografia?».

Bate riconosce tre fasi dell’evoluzione del pensiero legato alla fotografia e quindi tre diverse fasi dell’evoluzione della teoria: l’estetica vittoriana; la riproduzione di massa degli anni Venti e Trenta del XX secolo; gli anni Sessanta e Settanta della democratizzazione e ampliamento dell’arte e dei fenomeni culturali.

«I governi sanno benissimo quanto potenti possano essere le immagini fotografiche, nel loro controllo delle immagini pubblicitarie.

Sebbene molti di noi incontrino probabilmente decine di immagini fotografiche praticamente ogni giorno, è facile dimenticare l’impatto che hanno su di noi.

L’analisi critica di simili immagini può aiutarci a svelare qualcosa circa il modo in cui vediamo noi stessi (e il modo in cui non vediamo noi stessi), la nostra ideologia, la conoscenza pratica alla quale attingiamo per vivere: i nostri valori e ciò in cui crediamo».

Teoria della Rappresentazione:

«Il filosofo francese Louis Althusser sosteneva che l’ideologia viene trasmessa innanzitutto attraverso “immagini, miti, idee o concetti”, in modi a cui non prestiamo attenzione.

L’ideologia è riprodotta attraverso i modi in cui una società si rappresenta di fronte a se stessa – ciò che la gente sostiene essere il “senso comune”».

Il primo teorico che sviluppò una forma di pensiero e di analisi della fotografia la più completa, precisa e che fosse in grado di arrivare al cuore della sua significazione fu Roland Barthes grazie alla semiotica.

Semiotica:

La semiotica è un metodo di analisi che deriva dalla semiologia, l’analisi del linguaggio col fine di scoprire la grammatica delle forme di comunicazione e del linguaggio stesso; questo metodo ha portato Barthes ha scrivere molti testi nei quali analizza diversi sistemi di significazione presenti nella società di massa (Miti di Oggi), oltre alla sua attività di critico letterario.

La Camera Chiara (scritto alla fine della sua vita, 1979) è un distacco di Barthes dalle sue idee precedenti in quanto il punto di partenza del suo pensiero è la fenomenologia che guida la fotografia (piuttosto che la semiotica); comunque sia egli non può prescindere dalla sua teoria che ha verificato per anni, così l’analisi dei segni trova spazio anche in questo testo.

La semiotica è lo studio del sistema dei segni: Barthes sostiene che sistemi come il cibo, i mobili, la moda, la pubblicità e altri che si possano trattare come dei linguaggi. «Il progetto» di Barthes «aveva lo scopo di identificare le regole fondamentali in grado di attivare una pratica (parole), così come le regole degli scacchi permettono ai giocatori di dar vita a una partita.

[…]

Ferdinand de Saussure, affermò che il linguaggio è un sistema organizzato di segni che noi facciamo funzionare in modo che esso sia in grado di rappresentarci nella cultura umana. Nessuno di noi “possiede” un linguaggio, tutti noi ne facciamo uso».

Saussare afferma che ogni segno o elemento che compone il linguaggio acquista senso e significato dalla sua differenza rispetto agli altri (ovvero per contrasto), non dall’oggetto che nomina.

Il Segno linguistico è formato dalla  somma del Significante col Significato.

«Il significante è l’aspetto materiale del segno: un’immagine, una parola scritta, un suono articolato. Il significato è l’immagine mentale a cui si fa riferimento, l’idea o concetto».

Saussare isolò l’operazione intelligente che il linguaggio attua per “fissare” la realtà; egli capì che il modo in cui utilizziamo il linguaggio “naturalizza” la nostra relazione con gli oggetti della realtà.

«Il linguaggio non è un riflesso passivo del “mondo vero”; è il modo in cui noi giungiamo a rappresentarlo e a vederlo come “realtà”».

Pertanto il modo in cui si attribuisce senso ad una fotografia, quello che si scopre al suo interno mediante l’osservazione, dipende dal sistema di riferimento che possiede chi la osserva, poiché il linguaggio è una continua concatenazione di significati che porta ad una conoscenza più ampia.

Codici Fotografici:

«I codici che ci sono familiari permettono la trasmissione dei messaggi, che chi osserva “legge” in modo tale da generare senso».

Ora Bate passa ad elencare i vari codici che vengono utilizzati nella lettura e comunicazione delle immagini fotografiche.

I codici fotografici sono quelli che portano maggiori variabili alla lettura dell’immagine: ad esempio «il volto è una delle più complesse unità di significazione del linguaggio del corpo».

L’illuminazione è a sua volta ugualmente codificata: la direzione, il tipo di luce e la relazione che ha con il soggetto, hanno un proprio significato in relazione agli altri elementi dell’immagine.

In fotografia l’illuminazione contribuisce alla comunicazione dei codici, secondo Bate questi codici sono tonali, iconici, del gusto e retorici.

La Retorica:

«E’ la retorica a esser stata più sviluppata all’interno di una semiotica della fotografia, senza dubbio perché la retorica è la disciplina che può aiutare a fornire una sintesi dei modi in cui tutti i fotografi organizzano i loro discorsi».

Retorica: Arte e tecnica del parlare e scrivere con efficacia persuasiva, secondo sistemi di regole espressive varie a seconda delle epoche e delle culture. Modo di scrivere o di parlare pieno di effetti esteriori e di ampollosità, ma privo di autentico impegno intellettuale e di contenuto effettivo. Insistenza formale e superficiale in gesti, forme di vita, esaltazione di valori. Vocabolario della lingua italiana Zanichelli.

In questo senso la retorica è fondamentale per la costruzione del senso delle immagini.

Come sosteneva Victor Burgin il senso di ciò che vediamo e recepiamo deriva dalla “nostra conoscenza comune della tipica rappresentazione di fatti sociali e valori prevalenti”.

Questo significa che ciò che leggiamo in una fotografia deriva dalla nostra cultura di appartenenza a cui si sommano le esperienze personali, come lo studio, l’esperienza o la fruizione di altre immagini creano un sistema di riferimento visivo e codificato che abitualmente su utilizza per osservare e comprendere l’ambiente circostante.

Il “Linguaggio” della Fotografia:

Il linguaggio della fotografia, secondo Andrè Bazin, serve “alla creazione di un universo ideale a immagine del reale e dotato di un destino temporale autonomo”.

«Se prestiamo attenzione alla differenza tra la fotografia e l’oggetto realmente rappresentato, possiamo iniziare a evidenziare ciò che la fotografia arreca allo spettatore.

Mentre il realismo abbraccia l’idea che il significante» (la fotografia, il soggetto che essa rappresenta) «sia uguale al significato» (la “realtà”), «la semiotica prende avvio dalla differenza fra i due. Si può dire che nel realismo il significante è sparito all’interno del significato, di modo che noi vediamo solo l’oggetto».

Col realismo la nostra possibilità di azione è limitata al solo guardare e riconoscere il soggetto della foto, non ci è consentito leggerlo e interpretarlo; la semiotica ci da questa possibilità.

Punti di Vista:

Ora questi segni e codici dei linguaggi presenti all’interno immagine devono essere letti e analizzati; a differenza del linguaggio parlato o scritto i codici della fotografia non sono vincolati al tempo o all’ordine in cui vengono letti, essi ci arrivano simultaneamente; sarà la nostra cultura a riconoscere alcuni elementi significanti (nell’immagine) e significativi (per noi) e a far partire l’analisi.

Connotazioni – Il Significato Culturale:

«Ogni elemento retorico presente nella foto contribuisce a modo suo all’espressione del significato. La mia identificazione con la scena può portarmi a dimenticare che sto guardando una fotografia e che quella scena deve aver avuto luogo, è esistita veramente, perché è reale nella mia mente. Eppure, che prove ho di questo? Riflettendoci, la fotografia ha poco in comune con quello che mostra.

Di fatto ciò che vediamo ci dice poco rispetto alla realtà.

C’è qualcosa nella fotografia che fornisca delle prove in un senso o nell’altro? Si potrà mai conoscere la verità?

Una fotografia media il significato, il realismo è differente dalla realtà».

Realismo e Realtà:

«La realtà è ciò che crediamo esista, mentre il “realismo” è il modo di rappresentazione che sostiene questa realtà.

Il realismo di un’immagine corrisponde a un preconcetto di realtà. Il punto è che solitamente ogni immagine viene testata rispetto a supposizioni e conoscenze preesistenti rispetto al mondo. La lettura di ogni fotografia coinvolge già la valutazione di quanto la foto sia credibile o plausibile.

La misura in cui una fotografia corrisponde a preesistenti concezioni della realtà ha in parte a che fare con quanto essa corrisponda a preesistenti credenze rispetto alla “realtà”. Le fotografie sono valutate e testate  a confronto con queste credenze fin dall’atto della percezione, rispetto a come io già vedo il mondo. Il mondo è così perché è così che appare. Ma può apparire diverso e ciò dipende da come viene fotografato.

In un certo senso, uno dei concetti involontari della fotografia – il suo inconscio – è che il fotografo fornisce anche un punto di vista “privilegiato” (una realtà non mediata).

Che lo spettatore senta di poter condividere questo privilegio, il punto di vista di ciò che viene visto, è uno degli aspetti miracolosi della fotografia.

Questa rimane una delle caratteristiche ideologiche centrali della fotografia – il senso di veracità che rivendica e organizza. Perciò è importante ricordare che c’è una differenza implicata nelle fotografie. Ciò che il realista dà per scontato  come “realtà”, la semiotica sostiene sia costruito attraverso un discorso fotografico, di codici.

Tuttavia, questo non è un procedimento statico. I significati non sono “immobili”».

Poststrutturalismo:

«Quello che Roland Barthes chiamò senso “ottuso” può contare in fotografia tanto quanto il senso “ovvio”. E’ a questo aspetto di non – senso e di motivazione umana nello sguardo, nel desiderio e nelle pulsioni, che si è generalmente rivolto il poststrutturalismo.

Il semiotico visuale deve diventare anche psicologico: nel bagaglio degli strumenti teorici sono necessarie anche le “motivazioni” e la realtà della psiche umana».

Fotografia Globale:

Nell’ ultima parte, intitolata Fotografia Globale, Bate da una visione del fenomeno della fotografia nell’ambito della globalizzazione e di come essa possa o no essere intesa globalmente in quanto portatrice di messaggi suscettibili di interpretazioni differenti. Questa fotografia mondiale perde in parte la dimensione temporale (es. cronaca) per acquistarne una spaziale di maggiore importanza, ora il suo spazio è il mondo globalizzato e digitalizzato. Questo modo di intendere l’immagine fotografica è un fenomeno nuovo nel corso della storia e produce effetti diversi da quelli connessi all’immagine analogica, quindi ha bisogno di nuove analisi e metodi di lettura.

Ciò che non cambia è il modo in cui viene rappresentato il soggetto, il quale deriva dal sistema culturale di riferimento; quest’ultimo è “dato dall’alto” (cioè dalla diffusione di immagini tramite giornali e web) ed assimilato dalla società di massa, il che è direttamente collegato alla globalizzazione, in quanto permette una maggiore diffusione e possibilità di fruizione delle immagini; la fotografia globalizzata e digitalizzata diviene indicatore dei cambiamenti “impressi alla forma delle strutture del potere del mondo”.(David Bate)

Per una teoria della fotografia




*ATTENZIONE: il presente articolo e le foto correlate possono essere utilizzati solo per fini didattici  e informativi,  non commerciali ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)


Questo breve elenco di testi su storia, teoria e tecnica della fotografia serve a capire meglio la fotografia, a leggerla e a contestualizzarla durante l’analisi critica di un’immagine fotografica, come potrebbe essere la sola osservazione o fruizione quotidiana da giornali e riviste.


I-                   Breve Storia della Fotografa di Jean-A. Keim

È  un piccolo volume che in breve, appunto, racconta la storia della fotografia partendo dalla camera obscura e dai procedimenti che sono confluiti nell’invenzione del 1839, procedendo più o meno per generi Keim cita i maggiori esponenti dei vari periodi e correnti di pensiero, descrivendone il lavoro.

È un primo passo per conoscere l’evoluzione di questo nuovo mezzo e chi ha segnato i passi più importanti durante la sua evoluzione fino al secondo dopo guerra.

II-                   Fotografia, Una Storia Culturale e Visuale di Graham Clarke

Il passo successivo è una prima descrizione del fenomeno “fotografia” a livello culturale, di come esso è stato accolto dalla società e di quali compiti è stato investito dall’attività intellettuale dei suoi operatori; in sostanza vi è una prima analisi teorica delle maggiori correnti o ambiti di indagine che la fotografia ha seguito e interpretato, dal paesaggio e i tableau vivant, alla città, al ritratto e al corpo per arrivare alla fotografia come documento e come arte.

Nell’ultima parte, intitolata “Il Gabinetto delle Curiosità”, Clarke prende in esame la funzione che la fotografia ha assunto a livello culturale nella società: essa è uno strumento che fa risaltare un qualcosa (soggetto) attribuendogli un valore all’interno di un sistema di riferimenti culturali e come medium essa ci mette in contatto con il nostro passato, il famoso “è stato”. Clarke ci ricorda quanto la fotografia sia misteriosa proprio per la sua capacità di accumulare significato col passare del tempo, come uno strato di polvere, “la fotografia sola, preserva e mostra un momento tratto da un continuum” (John Berger), “quindi privilegia il momento, e nel coglierlo la trasforma” (Graham Clarke).


III-             Fotografia e Società di Gisèle Freund

Questo testo presenta un’analisi più approfondita dei movimenti e delle tendenze che la fotografia ha generato e mosso nella pancia della società. Partendo dalle esperienze e dalle manifestazioni delle esigenze sociali (borghesi) che hanno favorito e condizionato lo sviluppo della fotografia nella Francia della prima metà del XIX secolo Gisèle Freund prende in esame le idee e i fenomeni che sono nati attorno alla pratica di questo nuovo mezzo, i dati e fatti storici, come la grande industria fotografica che subito fiorì assieme all’entusiasmo generale o le carte de visite; proseguendo arriva al fenomeno del fotogiornalismo degli anni  Venti e Trenta della Germania post bellica e alla diffusione a livello mondiale delle riviste illustrante come “Vu” e “Life” negli anni seguenti, per arrivare all’arte e agli utilizzi della fotografia negli anni Settanta già teorizzati da Mohloy Nagy, sia come espressione artistica sia come fenomeno caratterizzante l’intera società occidentale.

Fino a qui è tutta una storia della fotografia, con interessanti analisi e pensieri sul cosa è successo, sul come, sul perché e sul chi ha fatto, detto e pensato.

Esistono molti altri volumi di storia che potranno integrare questa parte come Storia della Fotografia di Beaumont Newhall e Storia e Tecnica della Fotografia di Italo Zannier, ma mi pare che per una conoscenza generale basti questo.


IV-             Lezioni di Fotografia di Luigi Ghirri, a cura di Giulio Bizzarri, Paolo Barbaro e Gianni Celati

Questo è un libro che parla più di tecnica e può essere utile a chi non sa usare la macchina fotografica a dare una lettura anche tecnica alle fotografie che si osservano. Ma non è solo questo, Ghirri era una persona di grande intelligenza e sensibilità artistica; oltre alle conoscenze tecniche metteva in pratica fini ragionamenti concettuali come il discorso sulla “Soglia”: inserito tra le numerose righe di tecnica e storia (a sottolineare quanto sia importante conoscerla) si trova l’introduzione ad un approccio teorico di ampio respiro e soprattutto spiegato in modo semplice e diretto.

-questo testo potrebbe essere letto per primo o per secondo proprio per le nozioni tecniche che contiene, ma qui inserito serve ad introdurre una teoria più approfondita-


V-                Il Primo Libro di Fotografia di David Bate

Il testo di Bate arriva più in profondità rispetto a quello di Clarke pur seguendo una linea simile, cioè portando avanti un’analisi dei generi della fotografia, la loro evoluzione e come essa è stata recepita dagli uomini e quali idee abbia generato, quali riflessioni e usi ne siano derivati.

Partendo anch’egli dalla storia passa alla teoria della fotografia descrivendo alcuni pensieri e metodi di lettura e interpretazione come la semiotica e, sempre seguendo questa analisi specifica, affronta poi i temi della foto come il documento, il ritratto, la natura morta e l’arte.

Nell’ ultima parte, intitolata Fotografia Globale, Bate da una visione del fenomeno della fotografia nell’ambito della globalizzazione e di come essa possa o no essere intesa globalmente in quanto portatrice di messaggi suscettibili di interpretazioni differenti. Questa fotografia mondiale perde in parte la dimensione temporale (es. cronaca) per acquistarne una spaziale di maggiore importanza, ora il suo spazio è il mondo globalizzato e digitalizzato. Questo modo di intendere l’immagine fotografica è un fenomeno nuovo nel corso della storia e produce effetti diversi da quelli connessi all’immagine analogica, quindi ha bisogno di nuove analisi e metodi di lettura.

Ciò che non cambia è il modo in cui viene rappresentato il soggetto, il quale deriva dal sistema culturale di riferimento; quest’ultimo è “dato dall’alto” (cioè dalla diffusione di immagini tramite giornali e web) ed assimilato dalla società di massa, il che è direttamente collegato alla globalizzazione, in quanto permette una maggiore diffusione e possibilità di fruizione delle immagini; la fotografia globalizzata e digitalizzata diviene indicatore dei cambiamenti “impressi alla forma delle strutture del potere del mondo”.(David Bate)

VI-             L’Infinito Istante di Geoff Dyer

Ora si mettiono in pratica le analisi che fino ad ora sono state studiate!

Testo semplice ed efficace, scritto non da un fotografo né da un addetto ai lavori, ma da uno scrittore appassionato, L’Infinito Istante prende in considerazione vari temi e soggetti ricorrenti nella fotografia, prendendo spunto soprattutto dall’esperienza americana ed estrapolandone i significati e le diverse interpretazioni del caso; partendo dal contesto storico nel quale si trova immerso l’autore della fotografia presa in esame, passa alla descrizione del soggetto e del suo contesto visuale, traendo le proprie considerazioni sul significato di quel che ha davanti; così operando passa da autore ad autore e di periodo in periodo, affrontando una buona parte dell’evoluzione del pensiero della fotografia.

Ciò che si incontra leggendo il testo di Dyer sono grandi suggestioni, in primis quella del mitico viaggio americano e l’idea che il sentimento è la qualità che più deve direzionare lo sguardo del fotografo nella sua ricerca e quello dell’osservatore della fotografia nella sua analisi.

VII-          Sulla Fotografia di Susan Sontag

            “Tanto più pensavo alle fotografie, tanto più diventavano complesse e suggestive”.(Susan Sontag)

Dalla Grotta di Platone all’America in fotografia agli Oggetti Melanconici, L’Eroismo della Visione, i Vangeli fotografici e Il Mondo dell’Immagine, Susan Sontag descrive a cosa è servita e a cosa serve la fotografia, il suo rapporto col tempo, con la morte, con l’intenzione del fotografo e con i sentimenti che lo guidano.

            L’azione del fotografare è visto come una filosofia della visione e dell’esperienza del mondo (scomporlo e collezionarlo), ma soprattutto la fotografia ha una sua intelligenza che si è sviluppata nel tempo, soprattutto grazie alle idee di surrealismo e modernismo ha assunto quei caratteri fondamentali che noi oggi le attribuiamo e che ne fanno un’esperienza complessa di relazione e interazione con il reale.

            Il continuo consumo di immagini ha portato un sempre maggiore consenso dei modi e delle forme di espressione e dei loro messaggi, rendendoci più permissivi e recettivi nei loro confronti ma allo stesso tempo anestetizzandoci di fronte alla realtà.

“Il senso sempre più complesso della realtà crea fervori e semplificazioni compensativi, il più assuefatto dei quali è fotografare. Come se i fotografi, di fronte a un senso della realtà sempre più svuotato, stessero cercando una trasfusione, ricerca di nuove esperienze e rinnovamento delle vecchie. La loro onnipresente attività è la versione più radicale, e meno pericolosa, della mobilità”.

“Una società capitalistica esige una cultura basata sulle immagini. Ha bisogno di fornire quantità enormi di svago per stimolare gli acquisti e anestetizzare le ferite di classe, di razza e di sesso. E ha bisogno di raccogliere quantità illimitate di informazioni, per meglio sfruttare le risorse naturali, aumentare la produttività, mantenere l’ordine, fare la guerra e dar lavoro ai burocrati. La duplice capacità della macchina fotografica, quella di soggettivare la realtà e quella di oggettivarla – è la risposta ideale a queste esigenze e il modo ideale di rafforzarle. Le macchine fotografiche definiscono la realtà nelle due maniere indispensabili al funzionamento di una società industriale avanzata: come spettacolo (per le masse) e come oggetto di sorveglianza (per i governanti). La produzione di immagini fornisce inoltre un’ideologia dominante. Al mutamento sociale si sostituisce un mutamento nelle immagini. La libertà di consumare una pluralità di immagini e di beni viene identificata con la libertà tout court”.

“Ma la forza delle immagini fotografiche deriva dal fatto che esse sono realtà materiali in sé, depositi riccamente informativi lasciati sulla scia di ciò che le ha emesse, potenti mezzi per capovolgere la realtà, per trasformare questa in ombra. Le immagini sono insomma più reali di quanto chiunque avesse supposto”.(Susan Sontag)


VIII-       La Camera Chiara di Roland Barthes

Ecco spiegato che cos’è la Fotografia! Non bisogna mai dimenticarsi del sentimento!
http://rephotowriter.blogspot.it/2012/08/roland-barthes-la-camera-chiara.html

IX-             Fotografia Come Arte Contemporanea di Charlotte Cotton

Questo libro offre un breve sguardo sulla fotografia artistica contemporanea, della quale fa una descrizione dei lavori più interessanti dei maggiori artisti-fotografi (che utilizzano anche la fotografia) o fotografi riconosciuti da gallerie e musei a livello mondiale. Utile per capire in che direzione si è mossa la fotografia dagli anni Sessanta e Settanta ad oggi, poiché nei testi precedenti si prendono in esame periodi conclusi e personaggi morti o non più attivi.

Alcuni di questi testi sono di recente pubblicazione, io non ho letto molti dei precedenti, ma sono sicuro che le cose scritte in quelli più recenti di questo elenco si ritrovano in quelli precedenti e che chi ha studiato prima di me questo argomento era a conoscenza di queste cose; invito chi volesse approfondire lo studio della teoria della fotografia e della comunicazione per immagini a proseguire con la lettura di altri testi pubblicati in anni precedenti; comunque sia sono convinto che con la lettura di questa breve bibliografia sarà possibile avere un’idea più completa e approfondita della fotografia quando la si incontrerà.

Molti sono i testi che possono ampliare questo elenco, come i libri del geniale designer Bruno Munari, scritti in maniera semplice e ricchi di esempi visivi esemplificativi dei concetti espressi e di come funziona il mondo della rappresentazione visuale; altri testi più complicati e specifici sono Sull’Opera d’Arte nell’Epoca della sua Riproducibilità Tecnica e Piccola Storia della Fotografia del filosofo Walter Benjamin e Pittura, Fotografia, Film e La Nuova Visione di Moholy-Nagy e altri ancora, poiché qualsiasi argomento può arricchire il pensiero, lo studio e l’interpretazione di un altro.