*ATTENZIONE: la seguente biografia è
frutto di una ricerca personale che prende informazioni da varie fonti: i siti
http://www.storiadellafotografia.it/; da erticoli e
recnesioni pubblicati dalle pagine artistiche e culturali di http://www.corriere.it/, http://www.repubblica.it/, http://www.ilsole24ore.com/, http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale;
le pubblicazioni “I Grandi Fotografi” edito da Fabbri e curato da Romeo Martinez e Bryn Cambpell,
“I Grandi Fotografi, Testimonianze e Visioni del Nostro Tempo; Magnum Photos”
edito da Hachette e Il Sole 24 Ore in collaborazione con Contrasto (http://www.contrasto.it/), “FotoNote”
edito dalla Contrasto, “Breve Storia della Fotografia” di Jean-A. Keim edito da
Enaudi.
*ATTENZIONE:
il presente articolo può essere utilizzato solo per fini didattici e informativi ed è consentita la pubblicazione
con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www.
rephotowriter.blogspot.it
/),
si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)
Mathew B. Brady
Mathew B. Brady
nasce nel 1822 a Warren County, nei pressi di New York, in una famiglia
di immigrati irlandesi.
A 22 anni avvia uno studio fotografico a
New York dove esegue con successo ritratti su dagherrotipo: dopo cinque anni ne
apre un secondo a Washington, dove conosce Juliette Handy, che sposa nel 1851.
Sono gli anni in cui la fotografia vive
un’evoluzione continua, con l’apparizione pressoché ininterrotta di
procedimenti e materiali sempre nuovi, sia per la ripresa che per la stampa.
Si passa infatti dal dagherrotipo al calotipo
al collodio.
Sono anche gli anni in cui negli studi
fotografici esplode la moda delle “cartes de visite”, tipo di
ritratto lanciato dal fotografo parigino André
Adolphe Eugène Disdéri; la novità di queste piccole foto, accessibili come
costi ai ceti popolari, fa sì che in pochi anni ne vengano prodotte milioni di
esemplari in Europa e negli Stati Uniti.
L’avvenimento che porterà Brady a uscire
dal novero dei ritrattisti da studio e diventare un personaggio di primissimo
piano nella storia della fotografia, è la Guerra di Secessione.
All’apertura delle ostilità decide che
l’avvenimento debba essere documentato.
Dirà più tardi:
“Dovevo andare. Uno spirito nei miei piedi mi disse vai e io andai”.
Non è impresa da poco, sia per la
vastità del territorio interessato, ma soprattutto per la difficoltà di portare
sul terreno le attrezzature da ripresa, costituite da fotocamere in legno di
dimensioni non trascurabili e da ingombranti accessori; oltre ai costi
estremamente rilevanti di una tale operazione ed il rischio legato
all’incolumità personale.
Il suo esordio con la realtà del
conflitto è del 1861, quando riprende la prima battaglia di Bull Run.
La necessità di seguire operazioni
militari che si verificano in contemporanea in
luoghi diversi lo convince a cercare dei collaboratori che possano
“coprire” gli avvenimenti più importanti e comincia a reclutare dei fotografi,
arrivando ad avere circa settanta collaboratori; ad ognuno forni l’attrezzatura
da ripresa e da Washington organizza e coordina le loro attività.
Personalmente tornerà di rado sui campi
di battaglia, anche perché accusa problemi alla vista.
Nel 1862, nella sua galleria di New York
presenta una mostra di fotografie riprese nel corso della battaglia di Antietam
intitolata “The
Dead of Antietam”.
E’ un uso della fotografia innovativo e sconosciuto al pubblico degli Stati
Uniti; molte immagini ritraggono dei
cadaveri e i visitatori della mostra per la prima volta possono farsi un’idea
sulla realtà e sull’atmosfera che si respira in un campo di battaglia
disseminato di caduti.
La campagna fotografica comprende anche
i ritratti di moltissimi alti ufficiali, sia nordisti che sudisti, primi fra tutti Ulysses
Grant e Robert Edward Lee.
Viene fotografato dallo stesso Brady
anche il presidente dell’Unione Abraham Lincoln: i suoi ritratti sono diventati
un classico dell’iconografia di questo presidente.
Il protrarsi del conflitto porta Brady a
spendere oltre 100.000 dollari per produrre una documentazione fotografica
composta di circa 10.000 stampe.
Egli pensò che a guerra conclusa il
governo degli Stati Uniti sarebbe stato interessato ad acquisire tali immagini,
ma così non avviene ed il rifiuto ebbe come risultato la bancarotta.
Da antesignano del fotogiornalismo vede
di quelle fotografie l’enorme valore storico e documentario, mentre il governo
solo la scomoda testimonianza di una costata guerra civile.
Brady è costretto a vendere il suo
studio fotografico di New York e nonostante un contributo di 25.000 dollari che
gli verrà concesso dal Congresso rimarrà per sempre indebitato.
Dirà delle sue foto: “Nessuno
saprà mai quel che mi sono costate, alcune mi sono costate quasi la vita”.
Cade in depressione a causa della sua
situazione finanziaria, a ciò s’aggiunge la morte della moglie, avvenuta nel
1887; preda dell’alcool, vive gli ultimi anni ricoverato a titolo di carità nel
Presbyterian Hospital di New York a causa delle complicazioni seguite ad un
incidente di tram.
Alla sua morte nessuno più lo ricorda,
nè tanto meno ne apprezza l’incredibile contributo documentario fornito alla
storia degli Stati Uniti; non ci sono i soldi per pagarne il funerale,
cerimonia di cui si fanno carico i veterani di guerra del 7° Reggimento
Fanteria di New York.
Viene sepolto a Washington nel cimitero
del Congresso.
E’ stato uno dei più grandi fotografi di
sempre, a prescindere dalle foto della guerra; la serie di ritratti realizzati
da lui o dai suoi assistenti va dai presidenti americani agli uomini di cultura
del suo tempo (Mark Twain, Edgar Allan Poe, …), dagli scienziati come Thomas
Edison ai personaggi quasi mitici come il generale Custer o Kit Carson, dal re
d’Inghilterra a Garibaldi.