giovedì 2 agosto 2012

Richard Avedon

*Attenzione: la seguente biografia è frutto di una ricerca personale che prende informazioni da varie fonti: i siti http://www.storiadellafotografia.it/; da erticoli e recnesioni pubblicati dalle pagine artistiche e culturali di http://www.corriere.it/,  http://www.repubblica.it/,  http://www.ilsole24ore.com/, http://it.wikipedia.org/wiki/Pagina_principale; le pubblicazioni “I Grandi Fotografi” edito da Fabbri  e curato da Romeo Martinez e Bryn Cambpell, “I Grandi Fotografi, Testimonianze e Visioni del Nostro Tempo: Magnum Photos” edito da Hachette e Il Sole 24 Ore in collaborazione con Contrasto (http://www.contrasto.it/), “FotoNote” edito dalla Contrasto, “Breve Storia della Fotografia” di Jean-A. Keim edito da Enaudi.
*ATTENZIONE: il presente articolo può essere utilizzato solo per fini didattici  e informativi ed è consentita la pubblicazione con indicazione di firma, data e sito dell’autore (http://www. rephotowriter.blogspot.it /), si chiede gentilmente di comunicarlo all’autore (danyre@hotmail.it)











Richard Avedon



Richard Avedon fotografo di moda e ritrattista statunitense, noto in tutto il mondo, nasce a New York il 15 maggio 1923, muore a San Antonio, il 1 ottobre 2004.
Fotografo di moda anticonformista, Richard Avedon mette da parte i manierismi per ottenere emozioni, sorrisi e soprattutto naturalezza. Sia per la rivista Vogue o Harper’s Bazaar, è colui che coglie l'istante.
«Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. E' come se mi fossi dimenticato di svegliarmi».
Avedon era "un comunicatore straordinario". Attraverso un affascinante gioco di seduzione, riusciva a tirare fuori dai suoi soggetti gesti di una forza e di una spontaneità unica. Li conquistava e le loro espressioni cambiavano perché entravano in un'altra dimensione, diversa e lontana dal set fotografico. Una dimensione in cui c'erano soltanto loro e il fotografo.
Scapestrato e sempre in cerca di forti emozioni, nel 1942 abbandona gli studi, per lui noiosi, per arruolarsi come fotografo nella Marina Militare dove ha modo di girare per il mondo e fare  esperienze nelle situazioni più difficili.
Profondamente colpito dalle foto di Mukancsi, al suo ritorno in America si dà da fare per affinare le sue competenze tecniche. Dopo la dura ma fruttuosa gavetta nell'esercito, assegnato alle autopsie e alle foto d'identità, alla fine della seconda guerra mondiale diventa fotografo professionista. Sale il suo primo gradino professionale:  diventa aiuto fotografo in uno studio privato per poi collaborare anche con la rivista “The Elm”.
Negli anni '40 segue un corso alla New School for Social Research tenuto da Alexy Brodovitch, direttore di Harper's Bazaar. In seguito va a far parte del gruppo stabile di Bazaar a parigi, grazie all'ammirazione che Brodovitch ha  per lui. Quest'ultimo rappresenta senz'altro una figura di rilievo per il fotografo, come è ben visibile dal primo libro pubblicitario di Avedon "Observation" ( con testi di Truman Capote), pubblicato nel 1959 e dedicato al suo mai dimenticato pigmalione.
In questo periodo nascie il suo stile personale, che rivoluzionerà tutta la fotografia di moda successiva, cioè porta la moda fuori dagli studi, in ambientazioni urbane e cittadine e le da un movimento che non ha mai avuto prima.
Per il suo metodo di guidare le modelle nei gesti e nelle posture è stato soprannominato il “fotografo ballerino”.
Sin da subito risultò evidente che si trattava di uomo con un’opera ed un progetto non scindibili dalla storia dell’arte. Avedon aveva scoperto un nuovo modo per dare espressività alle modelle che nelle sue fotografie non apparivano più come “appendiabiti” ma come persone reali, dei personaggi, aveva trasformato la monotona foto di moda in qualcosa di vivo e reale.
Nel 1961 diviene direttore artistico di Bazaar. Il suo secondo libro, "Nothing Personal" (con testi di James Baldwin) viene  pubblicato nel 1963 dopo aver visitato gli stati del sud: vi emerge l'attenzione per i diritti civili e la presa di posizione politica ed etica, con tendenza a strutturare ogni lavoro come fosse una storia.
Il 22 novembre 1963 realizza in Times Square una serie di foto a persone che mostrano il giornale che parla dell'assassinio di Kennedy. Nel 1965 passa da Bazaar a Vogue.
Nei primi anni '70, con Arbus, pubblica un libro su “Alice nel paese delle meraviglie”, nel quale, come in un lavoro dello studio di Andy Warhol, le fotografie hanno un aspetto teatrale per la sequenzialità e la gestualità studiata dei personaggi fotografati. Amante innanzitutto dei ritratti, Richard Avedon abbandona gli studi fotografici per tornare agli shooting di strada ritraendo anonimi. Malati internati negli ospedali psichiatrici, manifestanti contro la guerra in Vietnam, Avedon riesce cosi a svelare una sensibilità che oltrepassa la vita mondana predestinata. Dal 1979 al 1985 esegue numerosi ritratti di vagabondi e disadattati nel West americano che vengono definiti offensivi per gli abitanti di quelle regioni, talvolta criticato per la sua assenza di autocensura riguardo gli USA, Richard Avedon fa le orecchie da mercante dipingendo il vero volto del suo paese.
Anche nel ritratto, a cui l’autore si è dedicato contemporaneamente alle foto di moda, Avedon si è imposto per la sua intensità, emotivamente denso e permeato di atmosfere cupe.
Ritratti di uomini di stato, artisti, attori ed attrici laddove comunemente ci si aspetterebbe un’immagine fissa, rigida di una persona, la sua fotografia scardina l’icona della foto da cartolina. Che si tratti di star del cinema come Katherine Hepburn, Humphrey Bogart, Brigitte Bardot, Audrey Hepburn, Marilyn Monroe o ancora Buster Keaton e Charles Chaplin, o personalità del calibro di Karen Blixen, Truman Capote, Henry Kissinger, Dwight D. Eisenhower, Edward Kennedy, The Beatles, Andy Warhol e Francis Bacon, ogni ritratto si imprime nella memoria in modo indelebile e ci restituisce di ognuno, l’idea e l’immagine del personaggio pubblico e privato.
Nel capodanno del 1989 Avedon si reca a Berlino vicino alla Porta di Brandeburgo in occasione della caduta del muro, mostrando ancora una volta che il suo lavoro non è solo rivolto alla moda  ma rappresenta uno strumento sensibile per capire mutamenti politici, risvolti psicologici o filosofici. Va sottolineato come Avedon, da intellettuale della fotografia qual è, ha sempre sostenuto il ruolo di elaborazione che svolge il fare stesso della fotografia, un luogo che non rappresenta mai la “verità”. Le sue stesse fotografie sono un mirabile risultato di pensiero ed elaborazione e quasi mai si affidano al caso.
«Le mie fotografie non vogliono andare al di là della superficie, sono piuttosto letture di ciò che sta sopra. Ho una grande fede nella superficie che, quando è interessante, comporta in sé infinite tracce.»
Una delle sue foto più famose, “Dovima”, ad esempio, ritrae una modella che indossa un abito da sera di Dior in una posa estremamente innaturale in mezzo a due elefanti: è stata scattata a Parigi nel 1955 e rappresenta il massimo dell'artificio.
In seguito collabora con le riviste più prestigiose come The New Yorker e Rolling Stone.
Altri suoi celebri lavori sono i suoi ritratti di artisti e personaggi famosi, ma anche le serie scattate alla gente comune e all'interno di un ospedale psichiatrico.
«Marilyn Monroe alla macchina fotografica offriva più di qualsiasi altra attrice, o donna, che io abbia mai inquadrato: era infinitamente più paziente, più esigente con se stessa e più a suo agio di fronte all’obiettivo che non quando ne era lontana».
Autentico mago, Richard Avedon abbatte i cliché per ricostruire un nuovo volto alla fotografia. Nel corso degli anni, realizza le foto dei Beatles, di Charlie Chaplin o di Marylin Monroe, oggi ancora considerate come dei monumenti della storia fotografica e che continuano ancora, per la loro forza e per la loro intensità, ad essere vere icone, irresistibili e affascinanti, del nostro tempo.
La sua grandezza artistica è stata celebrata in una bellissima mostra al Metropolitan Museum di New York.
Ottantunenne ancora in attività, mentre stava realizzando un servizio fotografico in vista delle elezioni presidenziali americane per conto del "New Yorker", è stato colpito da un ictus cerebrale e l'1 ottobre 2004 muore in un ospedale di San Antonio, in Texas.

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